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20090509 FLC – Attacco al contratto e bavaglio ai lavoratori. Noi non ci stiamo

9 maggio 2009

vai ai materiali sul sito della FLC Nazionale

Intesa separata e Decreto Brunetta: Attacco al contratto e bavaglio ai lavoratori. Noi non ci stiamo

Il Governo ha sferrato un ulteriore, violento attacco alle lavoratrici ed ai lavoratori del pubblico impiego: ha approvato, con l’avvallo di alcuni sindacati, l’intesa che concretizza nel pubblico impiego il protocollo separato del 22 gennaio e, contemporaneamente, il Ministro Brunetta ha presentato il decreto attuativo della legge delega n. 15/09. Vai ai nostri approfondimenti.

L’accordo separato sulla modifica del modello contrattuale è, se possibile, peggiorativo di quello firmato il 22 gennaio, disegna un nuovo modello contrattuale, recepisce pienamente la legge 15/09 accettando così di ridurre fortemente la contrattazione integrativa e di affidarsi alle concessioni economiche del Governo in merito alla determinazione delle risorse.

Si riconferma in esplicito che l’IPCA (Indice dei Prezzi al Consumo Armonizzato), depurato dai costi energetici, sarà per il Pubblico Impiego, nel “rispetto e nei limiti della necessaria programmazione prevista dalla legge finanziaria… un parametro di riferimento dell’indice revisionale da applicarsi ad una base di calcolo costituita dalla voci di carattere stipendiale”; e che l’adeguamento dell'”eventuale” scostamento avverrà nel triennio successivo. Il governo ha voluto continuare in una logica punitiva, con l’assenso delle organizzazioni firmatarie, mantenendo queste scelte che avranno effetti strutturali di riduzione delle retribuzioni dal 2010 in avanti.

La furia distruttrice della contrattazione e l’evidente disegno del Ministero dell’Economia che sovrintende all’Intesa ne fanno uno strumento pericoloso ed inservibile.
Questa intesa, letta in relazione alla bozza del decreto legislativo, rappresenta una modifica radicale della contrattazione nei nostri comparti e un ritorno al passato.

La lettura del decreto presentato dal Ministro Brunetta conferma il dissenso che avevamo espresso quando era stata approvata la legge delega. Il Ministro sceglie di tornare ad una gestione del pubblico impiego verticistica e centralizzata. Introduce un modello autoritario incentrato su meccanismi di controllo e valutazione pletorici, farraginosi e costosi con una sovrapposizione di funzioni, responsabilità e costi di cui alla fine saranno vittime sia le lavoratrici ed i lavoratori sia gli utenti che invece di avere un’amministrazione pubblica snella e più flessibile avranno un’amministrazione ingessata dai controlli e con un personale demotivato.

La dirigenza è riformata in modo negativo, sottoposta a un pesante controllo politico, e ad un sistema di premi e punizioni che nei fatti la farà diventare il bersaglio fra la politica e i dipendenti.

Il decreto istituisce due soli comparti di contrattazione nazionale e stabilisce quante e quali sono le fasce di merito in cui sarà inserito il personale valutato, con quali voci ma anche con quale percentuale di salario accessorio sarà premiato, impone che le progressioni economiche e di carriera siano legate al merito, selettive e per pochi.

Alla base del decreto c’è un criterio molto vecchio: il pubblico impiego è unico, composto da amministrazioni uguali con uguali fini istituzionali. Oggi, invece, esistono realtà diverse, con compiti diversi e alcune come l’università, la scuola, la ricerca, l’afam hanno una forte autonomia. Inoltre, le Amministrazioni non potranno adeguare l’organizzazione del lavoro alle proprie esigenze.

È evidente che l’unico scopo è quello di evitare la contrattazione integrativa e limitare il ruolo del sindacato, arrivando addirittura a rinviare per legge il rinnovo delle RSU. È un vulnus gravissimo sia perché si interviene su una materia di esclusiva competenza delle parti sociali, sia perché si impedisce a milioni di lavoratrici e lavoratori di esercitare il diritto democratico di scegliere chi li rappresenta.

Nel comparto scuola le elezioni delle RSU si devono svolgere a dicembre, non farlo vuol dire impedire a oltre un milione di lavoratrici e lavoratori di eleggere i propri rappresentanti nelle scuole, con evidenti e sicure difficoltà dovute alla naturale decadenza per pensionamenti, trasferimenti o dimissioni, che abbandoneranno nel caos le scuole dove non si potrà svolgere la contrattazione.
Impedire le elezioni è una scelta politica grave e sembra la risposta del governo alle mobilitazioni dei mesi scorsi che hanno visto sempre in prima linea la FLC Cgil.

Alcuni sindacati, nonostante il referendum indetto dalla Cgil sull’intesa separata abbia dato una risposta forte, partecipata e negativa, hanno sottoscritto l’accordo. Tacciono sulle conseguenze che avrà il decreto Brunetta sui dipendenti pubblici bloccando le carriere, riducendo ulteriormente il potere d’acquisto dei loro salari, umiliandoli con il continuo richiamo a valutazioni, provvedimenti disciplinari, punizioni anche economiche, cacciando i precari che oggi permettono il funzionamento di molte istituzioni. Tutto questo senza che vi sia un vero progetto per migliorare i servizi all’utenza, snellire le procedure, porre un freno alle dinamiche clientelari che hanno dilatato a dismisura la spesa pubblica.

Per tutti questi motivi la nostra iniziativa non può fermarsi e dopo il presidio dello scorso 7 maggio a Palazzo Vidoni vedrà la FLC, la CGIL e le altre categorie del pubblico impiego, in campo per difendere i diritti fondamentali dei lavoratori [da Conoscenzanews n. 20 dell’8 maggio 2009] 

 

 

 

 

9 maggio 2009

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Intesa separata e Decreto Brunetta: Attacco al contratto e bavaglio ai lavoratori. Noi non ci stiamo

Il Governo ha sferrato un ulteriore, violento attacco alle lavoratrici ed ai lavoratori del pubblico impiego: ha approvato, con l’avvallo di alcuni sindacati, l’intesa che concretizza nel pubblico impiego il protocollo separato del 22 gennaio e, contemporaneamente, il Ministro Brunetta ha presentato il decreto attuativo della legge delega n. 15/09. Vai ai nostri approfondimenti.

L’accordo separato sulla modifica del modello contrattuale è, se possibile, peggiorativo di quello firmato il 22 gennaio, disegna un nuovo modello contrattuale, recepisce pienamente la legge 15/09 accettando così di ridurre fortemente la contrattazione integrativa e di affidarsi alle concessioni economiche del Governo in merito alla determinazione delle risorse.

Si riconferma in esplicito che l’IPCA (Indice dei Prezzi al Consumo Armonizzato), depurato dai costi energetici, sarà per il Pubblico Impiego, nel “rispetto e nei limiti della necessaria programmazione prevista dalla legge finanziaria… un parametro di riferimento dell’indice revisionale da applicarsi ad una base di calcolo costituita dalla voci di carattere stipendiale”; e che l’adeguamento dell'”eventuale” scostamento avverrà nel triennio successivo. Il governo ha voluto continuare in una logica punitiva, con l’assenso delle organizzazioni firmatarie, mantenendo queste scelte che avranno effetti strutturali di riduzione delle retribuzioni dal 2010 in avanti.

La furia distruttrice della contrattazione e l’evidente disegno del Ministero dell’Economia che sovrintende all’Intesa ne fanno uno strumento pericoloso ed inservibile.
Questa intesa, letta in relazione alla bozza del decreto legislativo, rappresenta una modifica radicale della contrattazione nei nostri comparti e un ritorno al passato.

La lettura del decreto presentato dal Ministro Brunetta conferma il dissenso che avevamo espresso quando era stata approvata la legge delega. Il Ministro sceglie di tornare ad una gestione del pubblico impiego verticistica e centralizzata. Introduce un modello autoritario incentrato su meccanismi di controllo e valutazione pletorici, farraginosi e costosi con una sovrapposizione di funzioni, responsabilità e costi di cui alla fine saranno vittime sia le lavoratrici ed i lavoratori sia gli utenti che invece di avere un’amministrazione pubblica snella e più flessibile avranno un’amministrazione ingessata dai controlli e con un personale demotivato.

La dirigenza è riformata in modo negativo, sottoposta a un pesante controllo politico, e ad un sistema di premi e punizioni che nei fatti la farà diventare il bersaglio fra la politica e i dipendenti.

Il decreto istituisce due soli comparti di contrattazione nazionale e stabilisce quante e quali sono le fasce di merito in cui sarà inserito il personale valutato, con quali voci ma anche con quale percentuale di salario accessorio sarà premiato, impone che le progressioni economiche e di carriera siano legate al merito, selettive e per pochi.

Alla base del decreto c’è un criterio molto vecchio: il pubblico impiego è unico, composto da amministrazioni uguali con uguali fini istituzionali. Oggi, invece, esistono realtà diverse, con compiti diversi e alcune come l’università, la scuola, la ricerca, l’afam hanno una forte autonomia. Inoltre, le Amministrazioni non potranno adeguare l’organizzazione del lavoro alle proprie esigenze.

È evidente che l’unico scopo è quello di evitare la contrattazione integrativa e limitare il ruolo del sindacato, arrivando addirittura a rinviare per legge il rinnovo delle RSU. È un vulnus gravissimo sia perché si interviene su una materia di esclusiva competenza delle parti sociali, sia perché si impedisce a milioni di lavoratrici e lavoratori di esercitare il diritto democratico di scegliere chi li rappresenta.

Nel comparto scuola le elezioni delle RSU si devono svolgere a dicembre, non farlo vuol dire impedire a oltre un milione di lavoratrici e lavoratori di eleggere i propri rappresentanti nelle scuole, con evidenti e sicure difficoltà dovute alla naturale decadenza per pensionamenti, trasferimenti o dimissioni, che abbandoneranno nel caos le scuole dove non si potrà svolgere la contrattazione.
Impedire le elezioni è una scelta politica grave e sembra la risposta del governo alle mobilitazioni dei mesi scorsi che hanno visto sempre in prima linea la FLC Cgil.

Alcuni sindacati, nonostante il referendum indetto dalla Cgil sull’intesa separata abbia dato una risposta forte, partecipata e negativa, hanno sottoscritto l’accordo. Tacciono sulle conseguenze che avrà il decreto Brunetta sui dipendenti pubblici bloccando le carriere, riducendo ulteriormente il potere d’acquisto dei loro salari, umiliandoli con il continuo richiamo a valutazioni, provvedimenti disciplinari, punizioni anche economiche, cacciando i precari che oggi permettono il funzionamento di molte istituzioni. Tutto questo senza che vi sia un vero progetto per migliorare i servizi all’utenza, snellire le procedure, porre un freno alle dinamiche clientelari che hanno dilatato a dismisura la spesa pubblica.

Per tutti questi motivi la nostra iniziativa non può fermarsi e dopo il presidio dello scorso 7 maggio a Palazzo Vidoni vedrà la FLC, la CGIL e le altre categorie del pubblico impiego, in campo per difendere i diritti fondamentali dei lavoratori [da Conoscenzanews n. 20 dell’8 maggio 2009] 

 

 

 

 

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