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20131124 FLC Campania – Appello ai rettori degli Atenei campani: in occasione della riunione dei rettori degli atenei meridionali con la ministra Carrozza il 28 novembre sospendere le attività didattiche per consentire discussioni sulle prospettive

24 novembre 2013

Appello ai rettori delle Università della Campania di ADI, FLC CGIL, Link e Rete 29 aprile: in occasione della riunione dei rettori degli atenei meridionali con la ministra Carrozza il 28 novembre sospendere le attività didattiche per consentire a docenti e studenti lo svolgimento di momenti di discussione sulle prospettive per salvare la conoscenza in Italia.

 

APPELLO AI RETTORI DEGLI ATENEI CAMPANI

L’Università e la Ricerca sono ormai state condotte nel nostro paese, da scelte degli ultimi Governi, dalla volonta’ delle collegate maggioranze parlamentari, ad uno stadio terminale,private da anni di risorse utili per il loro funzionamento minimo, costrette e condizionate ancor di più negli ultimi mesi da vincoli sempre più assurdi e nocivi, dimenticate e relegate a rifiuti della società ed infine etichettate quali contenitori di ruberie e sprechi.

Restare impassibili vuol dire rendersi complici della distruzione del mondo dei saperi in particolare nella nostra regione. Per questo è necessario reagire in maniera celere, ma non scomposta, denunciando l’obiettivo dell’indebolimento del diritto allo studio universitario per tutti i ceti sociali, della chiusura di molti atenei e della creazione di università di serie A e università di serie B, senza però incappare nello storico ed imperdonabile errore proprio del mondo accademico italiano: nascondere i propri mali e le proprie responsabilita’.

Dalla 133/08 al DM Punti Organico: l’ipertrofia normativa svela un unico filo conduttore

Chi ha condotto una raffinata e prolungata crociata contro l’Università italiana ha più volte assunto le sembianze di un Giano Bifronte che da una parte, con lo strumento normativo, ne aggravava i suoi mali, e dall’altra, tramite media e testate giornalistiche, ne rilevava gli storici problemi.

L’Universita’ pubblica è stata bersagliata da un fuoco incrociato che, con astuzia e lungimiranza, ha giocato sugli atavici e mai risolti problemi di cui è caratterizzata, fino a far passare nell’opinione pubblica un concetto molto chiaro: la presenza o meno di un Ateneo non è un elemento di grande rilevanza per la vita economica e sociale di un territorio e della sua popolazione.

L’operazione condotta ha sottolineato per anni le odiose clientele e l’immortale familismo che da anni imperversa negli atenei trasformatisi in carrozzoni capaci solo di sprecare danaro pubblico e mai del tutto integrati nei contesti cittadini e metropolitani.

Questo progetto non aveva, però, il mero obiettivo di gettare discredito sull’istituzione universitaria italiana, quanto quello di mutarla radicalmente dalle sue fondamenta, lasciando totalmente inalterati, ed anzi ampliandoli a dismisura, quei poteri forti baronali co-responsabili del declino fino ad ora descritto.

La questione va inquadrata con un approccio unicamente politico ed affonda le sue radici ad alcuni anni fa: i problemi delle università si sono aggravati in coincidenza del più grande taglio lineare mai effettuato alla voce formazione universitaria italiano mediante le Leggi 133/08 e 1/09.

La diminuzione dei finanziamenti al F.F.O. e l’inizio della tragica stagione del blocco del Turn Over non rappresentavano semplicemente la volontà del Governo di allora di reperire economie per il superamento della prima fase di crisi, ma un nuovo corso politico-legislativo che avrebbe trovato il suo coronamento con l’approvazione della peggiore Riforma dell’Università mai varata: la L. 240/10, c.d. “Riforma Gelmini”, che ha definitivamente cristallizzato il potere baronale, snaturata la natura democratica degli organi di governo di Ateneo, minata l’autonomia costituzionale, indebolito ulteriormente il tavolo delle relazioni sindacali e cancellato il carattere pubblico degli atenei,

In questi anni, però, il chiaro intento politico presente sullo sfondo delle disposizioni normative poc’anzi descritte non è passato inosservato: migliaia di studenti, dottorandi, precari, ricercatori e docenti, con l’appoggio del sindacato, hanno dapprima costruito l'”Onda” ed in seguito del Movimento studentesco del 2010 con cui, già allora, si svelava il pericolo della distruzione del sistema universitario nazionale e della chiusura di tanti atenei del Sud Italia, anche nella nostra regione.

L’ennesima Questione Meridionale

Tra gli atenei che stanno subendo maggiormente l’offensiva vi sono quelli del Sud d’Italia: da anni le nostre università sono penalizzate con criteri premiali di ricezione del F.F.O.(di recente inaspriti dal c.d. “Decreto del Fare” convertito con la L. 98/13), dalla stringente burocratizzazione dei corsi di laurea determinata dal c.d. “Decreto A.V.A.” (DM 30 agosto 2013 n. 47), dalle sforbiciate al sistema Diritto allo Studio (15.002 studenti idonei, +11,36% rispetto al 2012/13, di cui solo il 65% riceverà la borsa) ed infine dall’impossibilità di reclutare nuovi docenti a causa delle disposizioni contenute nel recente “Decreto Ministeriale sui Punti Organico 2013” (DM 9 agosto 2013 n. 713).

Cosa significherà per un territorio come il Sud, ed in particolare per la Campania, la chiusura dell’Università? Quali effetti avrebbe sulla popolazione giovanile?

Le risposte a questi interrogativi si fanno sempre più evidenti: un vero e proprio terremoto sociale dalle conseguenze drammatiche, con migliaia di studenti che avevano convintamente scelto di restare nella propria terra costretti all’emigrazione forzata verso gli atenei del centro e del nord del paese.

Al pari degli studenti, anche migliaia di lavoratori inseriti nel sistema universitario o coinvolti nell’indotto subiranno un contraccolpo enorme: precari del variegato mondo universitario, esercenti legati al campo della ristorazione, gestori di luoghi di cultura e ludici e sportivi sono solo alcuni tra i soggetti che sarebbero travolti.

Di là da qualsiasi scopo campanilistico, non può non considerarsi la prospettiva appena descritta come l’ennesimo ed inaccettabile furto ad un Sud Italia.

Una modesta proposta per il rilancio dell’Università pubblica.

La scomparsa di uno o più atenei configurerebbe un’insopportabile sconfitta per l’intero territorio regionale; tale prospettiva va impedita con ogni mezzo e la responsabilità pende su ognuno di noi: studenti, precari, docenti di ogni fascia, personale tecnico amministrativo.

Non possiamo attendere, come sovente accaduto con risultati del tutto insignificanti, che qualcun altro giochi questa partita al posto nostro, magari nelle stesse aule parlamentari in cui in questi anni si è consumato il martirio sopra descritto.

E’ necessario prendere la parola e, con le proprie specificità, rivendicare:

l’introduzione nella c.d. “Legge di Stabilità” di una clausola di salvaguardia all’interno del DM Punti Organico 2013 che miri a calmierare le enormi sperequazioni esistenti tra gli atenei italiani;

– l’aumento del Fondo di Finanziamento Ordinario e del Fondo Ordinario per gli Enti di Ricerca che consenta un vero rilancio di didattica e ricerca ed un pesante incremento del Fondo Integrativo statale per il Diritto allo Studio;

l’avvio di un percorso partecipato coinvolgente l’intera comunità accademica nazionale, che conduca alla stesura di una grande e complessiva Riforma dell’Università italiana in grado di restituirle il carattere della democrazia e della pubblicità.

Per tutti questi motivi ci rivolgiamo direttamente e convintamente ai sette Rettori delle Università campane

professor Massimo Marrelli per Federico II

professoressa Lida Viganoni per L’Orientale

professor Lucio d’Alessandro per Suor Orsola Benincasa

professor Francesco Rossi per Seconda Università di Napoli

professor Claudio Quintano per Parthenope

professor Aurelio Tommasetti per l’Università degli Studi di Salerno

professor Filippo De Rossi per l’Università del Sannio

affinché assumano un gesto forte e quanto mai necessario per tutte e tutti noi: la sospensione delle attività didattica per l’intera giornata del 28 novembre in occasione della riunione dei Rettori delle università meridionali con la Ministra Maria Chiara Carrozza.

Le modifiche legislative proposte in sede di conversione del “Decreto Istruzione” non sono state tenute in considerazione per questo il piano della proposta non può più non incrociare quello della protesta che simbolicamente interrompa le lezioni per un giorno consentendo a docenti e studenti di tutte le sedi anche decentrate, dei quattro atenei l’organizzazione e lo svolgimento di momenti istituzionali (ma reali) di discussione e confronto che ragionino delle prospettive di sopravvivenza e degli strumenti per salvare i Saperi e la Conoscenza nelle nostre città, nel Meridione d’Italia e nell’intero Paese.

Link Napoli

Link Fisciano

ADI Napoli

FLC CGIL Campania

Rete 29 aprile Campania

24 novembre 2013

Appello ai rettori delle Università della Campania di ADI, FLC CGIL, Link e Rete 29 aprile: in occasione della riunione dei rettori degli atenei meridionali con la ministra Carrozza il 28 novembre sospendere le attività didattiche per consentire a docenti e studenti lo svolgimento di momenti di discussione sulle prospettive per salvare la conoscenza in Italia.

 

APPELLO AI RETTORI DEGLI ATENEI CAMPANI

L’Università e la Ricerca sono ormai state condotte nel nostro paese, da scelte degli ultimi Governi, dalla volonta’ delle collegate maggioranze parlamentari, ad uno stadio terminale,private da anni di risorse utili per il loro funzionamento minimo, costrette e condizionate ancor di più negli ultimi mesi da vincoli sempre più assurdi e nocivi, dimenticate e relegate a rifiuti della società ed infine etichettate quali contenitori di ruberie e sprechi.

Restare impassibili vuol dire rendersi complici della distruzione del mondo dei saperi in particolare nella nostra regione. Per questo è necessario reagire in maniera celere, ma non scomposta, denunciando l’obiettivo dell’indebolimento del diritto allo studio universitario per tutti i ceti sociali, della chiusura di molti atenei e della creazione di università di serie A e università di serie B, senza però incappare nello storico ed imperdonabile errore proprio del mondo accademico italiano: nascondere i propri mali e le proprie responsabilita’.

Dalla 133/08 al DM Punti Organico: l’ipertrofia normativa svela un unico filo conduttore

Chi ha condotto una raffinata e prolungata crociata contro l’Università italiana ha più volte assunto le sembianze di un Giano Bifronte che da una parte, con lo strumento normativo, ne aggravava i suoi mali, e dall’altra, tramite media e testate giornalistiche, ne rilevava gli storici problemi.

L’Universita’ pubblica è stata bersagliata da un fuoco incrociato che, con astuzia e lungimiranza, ha giocato sugli atavici e mai risolti problemi di cui è caratterizzata, fino a far passare nell’opinione pubblica un concetto molto chiaro: la presenza o meno di un Ateneo non è un elemento di grande rilevanza per la vita economica e sociale di un territorio e della sua popolazione.

L’operazione condotta ha sottolineato per anni le odiose clientele e l’immortale familismo che da anni imperversa negli atenei trasformatisi in carrozzoni capaci solo di sprecare danaro pubblico e mai del tutto integrati nei contesti cittadini e metropolitani.

Questo progetto non aveva, però, il mero obiettivo di gettare discredito sull’istituzione universitaria italiana, quanto quello di mutarla radicalmente dalle sue fondamenta, lasciando totalmente inalterati, ed anzi ampliandoli a dismisura, quei poteri forti baronali co-responsabili del declino fino ad ora descritto.

La questione va inquadrata con un approccio unicamente politico ed affonda le sue radici ad alcuni anni fa: i problemi delle università si sono aggravati in coincidenza del più grande taglio lineare mai effettuato alla voce formazione universitaria italiano mediante le Leggi 133/08 e 1/09.

La diminuzione dei finanziamenti al F.F.O. e l’inizio della tragica stagione del blocco del Turn Over non rappresentavano semplicemente la volontà del Governo di allora di reperire economie per il superamento della prima fase di crisi, ma un nuovo corso politico-legislativo che avrebbe trovato il suo coronamento con l’approvazione della peggiore Riforma dell’Università mai varata: la L. 240/10, c.d. “Riforma Gelmini”, che ha definitivamente cristallizzato il potere baronale, snaturata la natura democratica degli organi di governo di Ateneo, minata l’autonomia costituzionale, indebolito ulteriormente il tavolo delle relazioni sindacali e cancellato il carattere pubblico degli atenei,

In questi anni, però, il chiaro intento politico presente sullo sfondo delle disposizioni normative poc’anzi descritte non è passato inosservato: migliaia di studenti, dottorandi, precari, ricercatori e docenti, con l’appoggio del sindacato, hanno dapprima costruito l'”Onda” ed in seguito del Movimento studentesco del 2010 con cui, già allora, si svelava il pericolo della distruzione del sistema universitario nazionale e della chiusura di tanti atenei del Sud Italia, anche nella nostra regione.

L’ennesima Questione Meridionale

Tra gli atenei che stanno subendo maggiormente l’offensiva vi sono quelli del Sud d’Italia: da anni le nostre università sono penalizzate con criteri premiali di ricezione del F.F.O.(di recente inaspriti dal c.d. “Decreto del Fare” convertito con la L. 98/13), dalla stringente burocratizzazione dei corsi di laurea determinata dal c.d. “Decreto A.V.A.” (DM 30 agosto 2013 n. 47), dalle sforbiciate al sistema Diritto allo Studio (15.002 studenti idonei, +11,36% rispetto al 2012/13, di cui solo il 65% riceverà la borsa) ed infine dall’impossibilità di reclutare nuovi docenti a causa delle disposizioni contenute nel recente “Decreto Ministeriale sui Punti Organico 2013” (DM 9 agosto 2013 n. 713).

Cosa significherà per un territorio come il Sud, ed in particolare per la Campania, la chiusura dell’Università? Quali effetti avrebbe sulla popolazione giovanile?

Le risposte a questi interrogativi si fanno sempre più evidenti: un vero e proprio terremoto sociale dalle conseguenze drammatiche, con migliaia di studenti che avevano convintamente scelto di restare nella propria terra costretti all’emigrazione forzata verso gli atenei del centro e del nord del paese.

Al pari degli studenti, anche migliaia di lavoratori inseriti nel sistema universitario o coinvolti nell’indotto subiranno un contraccolpo enorme: precari del variegato mondo universitario, esercenti legati al campo della ristorazione, gestori di luoghi di cultura e ludici e sportivi sono solo alcuni tra i soggetti che sarebbero travolti.

Di là da qualsiasi scopo campanilistico, non può non considerarsi la prospettiva appena descritta come l’ennesimo ed inaccettabile furto ad un Sud Italia.

Una modesta proposta per il rilancio dell’Università pubblica.

La scomparsa di uno o più atenei configurerebbe un’insopportabile sconfitta per l’intero territorio regionale; tale prospettiva va impedita con ogni mezzo e la responsabilità pende su ognuno di noi: studenti, precari, docenti di ogni fascia, personale tecnico amministrativo.

Non possiamo attendere, come sovente accaduto con risultati del tutto insignificanti, che qualcun altro giochi questa partita al posto nostro, magari nelle stesse aule parlamentari in cui in questi anni si è consumato il martirio sopra descritto.

E’ necessario prendere la parola e, con le proprie specificità, rivendicare:

l’introduzione nella c.d. “Legge di Stabilità” di una clausola di salvaguardia all’interno del DM Punti Organico 2013 che miri a calmierare le enormi sperequazioni esistenti tra gli atenei italiani;

– l’aumento del Fondo di Finanziamento Ordinario e del Fondo Ordinario per gli Enti di Ricerca che consenta un vero rilancio di didattica e ricerca ed un pesante incremento del Fondo Integrativo statale per il Diritto allo Studio;

l’avvio di un percorso partecipato coinvolgente l’intera comunità accademica nazionale, che conduca alla stesura di una grande e complessiva Riforma dell’Università italiana in grado di restituirle il carattere della democrazia e della pubblicità.

Per tutti questi motivi ci rivolgiamo direttamente e convintamente ai sette Rettori delle Università campane

professor Massimo Marrelli per Federico II

professoressa Lida Viganoni per L’Orientale

professor Lucio d’Alessandro per Suor Orsola Benincasa

professor Francesco Rossi per Seconda Università di Napoli

professor Claudio Quintano per Parthenope

professor Aurelio Tommasetti per l’Università degli Studi di Salerno

professor Filippo De Rossi per l’Università del Sannio

affinché assumano un gesto forte e quanto mai necessario per tutte e tutti noi: la sospensione delle attività didattica per l’intera giornata del 28 novembre in occasione della riunione dei Rettori delle università meridionali con la Ministra Maria Chiara Carrozza.

Le modifiche legislative proposte in sede di conversione del “Decreto Istruzione” non sono state tenute in considerazione per questo il piano della proposta non può più non incrociare quello della protesta che simbolicamente interrompa le lezioni per un giorno consentendo a docenti e studenti di tutte le sedi anche decentrate, dei quattro atenei l’organizzazione e lo svolgimento di momenti istituzionali (ma reali) di discussione e confronto che ragionino delle prospettive di sopravvivenza e degli strumenti per salvare i Saperi e la Conoscenza nelle nostre città, nel Meridione d’Italia e nell’intero Paese.

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ADI Napoli

FLC CGIL Campania

Rete 29 aprile Campania

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